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Intervista /Giovanni Schiavon: Tempi e costi incerti, addio ai contenziosi

di Alessandro Galimberti

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4 novembre 2008


I pagamenti dell'economia reale rallentano, ormai anche nei rapporti tra privati, ma i numeri della giustizia civile in questo ambito di contenzioso stanno invertendo la tendenza trentennale al rialzo.
Secondo Giovanni Schiavon, neopresidente del Tribunale di Treviso, e già capo dell'ispettorato della Giustizia ai tempi di Roberto Castelli, l'apparente antinomìa si spiega in una parola: «Per essere chiari, è la resa nei confronti della giustizia civile», dice.

Dottor Schiavon, che cosa sta accadendo? Siamo all'ultima tappa della crisi del sistema?
Cosa accade è semplice: gli imprenditori preferiscono rinunciare al credito piuttosto che azionarlo davanti a un tribunale. Infilarsi in un processo oggi ha dei costi certi, comunque non simbolici, a fronte di un risultato incerto, per usare un eufemismo, e comunque troppo lontano nel tempo. Non so se sia l'ultima tappa della crisi, certo è l'indice di una patologia molto grave. Non possiamo più far finta di niente, noi, il governo, la politica.

Può quantificare quello che descrive come l'abbandono della via giudiziaria al soddisfacimento del credito?
Non è possibile. La mia è una consapevolezza che nasce dall'esperienza di tutti i giorni. Gli imprenditori vengono da me e mi dicono "Mi costa più l'avvocato del risultato"; e poi anche nella redazione del bilancio meglio iscrivere una perdita, con risvolti fiscali vantaggiosi, piuttosto che una chimera giudiziaria. È un discorso che ha una sua logica solo per crediti medio-bassi è ovvio, ma intanto è così, e qualcuno ci guadagna pure.

In che senso?
Paradossalmente i numeri dell'arretrato civile di molti tribunali stanno andando meglio, facendo apparire un recupero di efficienza che non c'è, anzi, è l'apoteosi dell'inefficienza. La crisi della giustizia civile non è percepita nella sua gravità, almeno qui nel Nordest. Eppure una giustizia efficace sarebbe il presupposto per il funzionamento del sistema economico.


Rimedi?
Prima la diagnosi. La crisi del civile non è una questione di produttività, lo stesso ministro Brunetta fa osservazioni superficiali, probabilmente dettate dalla necessità di comunicare, ma sbagliate. La Cassazione ha numeri di produttività enormi, raddoppiati in dieci anni, i giudici italiani rendono in media come i colleghi dell'area Ue. E ancora, i tribunali dei grandi centri vanno meglio di quelli dei piccoli, grazie alla specializzazione. Non è qui il problema.

Dipendesse da lei?
Riorganizzare gli uffici dal basso, io ci sto provando, non costa nulla e può funzionare. Redistribuire le risorse all'interno dei tribunali e delle cancellerie è un primo passo, difficile ma necessario. Poi il Ministero e anche il Csm dovranno fare la loro parte. Non sarà facile.

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